COSI’ VIVEVANO GLI SCHIAVI A POMPEI

COSI’ VIVEVANO GLI SCHIAVI A POMPEI – DAGLI SCAVI DELLA VILLA DI CIVITA GIULIANA EMERGE UN NUOVO AMBIENTE IN ECCEZIONALE STATO DI CONSERVAZIONE: LA STANZA DEGLI SCHIAVI – “E’ RARISSIMO CHE LA STORIA RESTITUISCA I PARTICOLARI DELLA VITA DEI PIU’ UMILI” – SONO STATE TROVATE TRE BRANDINE IN LEGNO, DISPOSTE A FERRO DI CAVALLO, NIENTE MATERASSI, SOLO UNA PEZZA DI TESSUTO STESA SU UNA RETE DI CORDE – I MURI SONO SPOGLI E…

Importante scoperta alle porte di Pompei. La grande villa suburbana di Civita Giuliana restituisce una stanza abitata dagli schiavi, ancora intatta. «Eccezionale. È rarissimo che la storia restituisca i particolari della vita dei più umili», spiega il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel. Scoperte, dice il ministro Dario Franceschini, «che fanno di Pompei un modello di studio e ricerca unico al mondo».
 
Lo scavo offre uno sguardo straordinario su una parte del mondo antico che normalmente rimane all’oscuro, dalla quale affiora uno spaccato rarissimo della realtà quotidiana degli schiavi. Grazie all’affinamento della tecnica dei calchi inventata da Giuseppe Fiorelli nell’Ottocento, sono stati portati alla luce letti e altri oggetti in materiali deperibili, che permettono di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative e di vita degli schiavi a Pompei e nel mondo romano.

Nella stanza sono state trovate tre brandine in legno, disposte a ferro di cavallo: hanno misure diverse, la più piccola, non più lunga di un metro e quaranta, probabilmente destinata a un bambino. L’aspetto è quello di mobili essenziali, semplicissimi, «più che letti, brandine», dice il direttore. Costruiti con ingegno, però, con un sistema di modularità che permetteva di allungare o accorciare il giaciglio, a seconda dell’altezza di chi lo doveva occupare.
 
Niente materassi, solo una pezza di tessuto stesa su una rete di corde che il calco in gesso ha fatto ritornare alla luce con impressionante precisione. E nulla a che vedere con i letti dei signori, sempre dotati di una tavola e di un morbido materasso. I muri sono spogli, nessun colore a parte una macchia di vernice bianca in alto sotto alla piccola finestra, nel punto dove veniva appesa una lucerna. «Serviva probabilmente ad amplificare il chiarore prodotto dal fuoco», ipotizza Zuchtriegel.

Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali, tra cui anfore poggiate per conservare oggetti, brocche in ceramica e il “vaso da notte”. Un discorso a parte meritano i tanti oggetti da lavoro: appoggiato al letto del bambino c’è proprio il grande timone del carro, era di legno ma il calco in gesso ha fatto riemergere su una parte della forcella una vistosa rappezzatura fatta con lo spago. Al centro del locale, invece, una grossa cassa con gli angoli in metallo custodiva i finimenti dei cavalli, avvolti in una pezza di stoffa.
 
Oltre a fungere da dormitorio per un gruppo di schiavi, forse una piccola famiglia come lascerebbe intuire la brandina a misura di bambino, l’ambiente serviva come ripostiglio, come dimostrano otto anfore stipate negli angoli lasciati appositamente liberi per tal scopo.
 
«Pompei è la prova che quando l’Italia crede in se stessa e lavora come una squadra raggiunge traguardi straordinari ammirati in tutto il mondo. Questa nuova incredibile scoperta a Pompei dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie – ha dichiarato il ministro della Cultura Dario Franceschini – Grazie a questo nuovo importante ritrovamento si arricchisce la conoscenza sulla vita quotidiana degli antichi pompeiani, in particolare di quella fascia della società ancora oggi poco conosciuta. Pompei è un modello di studio unico al mondo».
 
«Si tratta di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all’élite, e che per questo rischiano di rimanere invisibili nei grandi racconti storici – ha dichiarato il direttore generale, Gabriel Zuchtriegel – È un caso in cui l’archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante. Quello che colpisce è l’angustia e la precarietà di cui parla questo ambiente, una via di mezzo tra dormitorio e ripostiglio di appena 16 mq, che possiamo ora ricostruire grazie alle condizioni eccezionali di conservazione create dall’eruzione del 79 d.C. È sicuramente una delle scoperte più emozionanti nella mia vita da archeologo, anche senza la presenza di grandi ‘tesori’: il tesoro vero è l’esperienza umana, in questo caso dei più deboli della società antica, di cui questo ambiente fornisce una testimonianza unica».
 

«Ancora una volta uno scavo nato dall’esigenza di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico, in questo caso grazie ad una proficua collaborazione con la procura di Torre Annunziata, ci permette di aggiungere un ulteriore tassello alla conoscenza del mondo antico – dichiara Massimo Osanna, direttore generale dei Musei sotto la cui direzione al Parco archeologico di Pompei sono stati avviate nel 2017 le attività di scavo – Lo studio di questo ambiente, che sarà arricchito dai risultati delle analisi in corso, ci permetterà di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative e di vita dagli schiavi a Pompei e nel mondo romano».
 
Tgcom mediaset

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