MA LO SAPEVATE CHE GLI ITALIANI ERANO CAMPIONI INCONTRASTATI DI SCACCHI NEL 1500? – ORA LA RARISSIMA GUIDA PER SCACCHISTI RISALENTE AL 1597 È CONSULTABILE ONLINE SUL SITO DELLA CITTÀ DI TORINO – IL “LIBRO NEL QUALE SI TRATTA DELLA MANIERA DI GIUOCAR’ A SCACCHI” È UNO STRAORDINARIO VOLUME DI HORATIO GIANUTIO DELLA MANTIA: 128 PAGINE IMPREZIOSITE DA MINIATURE E CAPILETTERA DAMASCATI IN CUI L’AUTORE SPIEGA LE REGOLE E INSERISCE GLI SCACCHI TRA I PIÙ NOBILI ESERCIZI DELL’OTIUM…
Filippo Femia per “la Stampa”
C’è stato un periodo, tra la fine del 1500 e la prima metà del Settecento, in cui gli italiani erano i campioni incontrastati di scacchi in Europa (e quindi nel mondo). La celebre partita tra il computer Deep Blue e il campione russo Garry Kasparov (1996) era ben oltre la fantascienza e i manuali di gioco quasi non esistevano. Una delle rarissime “guide” utilizzate dagli scacchisti era stata stampata a Torino nel 1597 «appresso Antonio de’ Bianchi».
Si tratta della prima opera originale di un autore italiano, Horatio Gianutio della Mantia, pubblicata nello Stivale: “Libro nel quale si tratta della maniera di giuocar’ a scacchi”, il titolo. Ora quel volume è consultabile integralmente online sul sito della Città metropolitana dopo la digitalizzazione realizzata dal laboratorio DigiBESS del Cnr torinese. Il libro è uno dei tesori conservati nella Biblioteca storica intitolata a Giuseppe Grosso e fa parte del patrimonio di circa duecento cinquecentine. Ed è molto raro: le copie sparse per il mondo si contano sulle dita di due mani.
Le 128 pagine, tre capitoli più un’introduzione, sono impreziosite da miniature raffinate e capilettera damascati. Prima di spiegare il gioco, l’autore inserisce gli scacchi tra i più nobili esercizi dell’otium: «Non potrebbe la Natura nostra longamente resistere al continuo peso de studij se non fosse tal volta ristorata col mezzo di qualche piacevol trattenimento – si legge nella primissima pagina -. Io ardirei di dire che ‘l giuoco de scacchi fosse uno no solo delli più dilettevoli e ingegnosi, ma delli più convenienti a ogni stato e grado di persona nobile». L’autore indica poi il giocatore tipo: «Il cavaliero, che s’ attende all’esercitio dell’armi e della guerra».
Poi si passa al primo capitolo (“Loro Sito e Regole”) dove l’autore descrive i pezzi e ne elenca le norme. L’alfiere, per esempio: «Detto anche delfino, che vuol dire principe. È perciò sta più vicino al re e alla regina che non fan gl’altri». Poi la regina, detta anche donna: “È il miglior scacco e il più nobile del tavoliero. Persa la donna si puol dire che sia perso il gioco”.
La più grande “rivoluzione” del regolamento scacchistico era avvenuta quasi un secolo prima del volume Gianutio. «Fino al 1475 il ritmo era molto lento, si trattava di un gioco di corte adatto anche alle donne: durante le partite si creavano intrecci amorosi – spiega Mario Leoncini, esperto della storia scacchistica in libreria con “La grande storia degli scacchi” (500 pagg., Le due torri) -. Poi alcuni pezzi che avevano movimenti limitati, come l’alfiere (due case in diagonale) e la regina (una in diagonale) assunsero molta più importanza, diventando fondamentali.
Un cambio che si fa risalire alla città di Valencia, forse in onore alla regina Isabella di Castiglia». Il volume disponibile alla Biblioteca della Città metropolitana è «prezioso sul piano storico, perché riassume le regole del gioco osservate nel Nord Italia verso la fine del XVI secolo. Gianutio ammette ancora il salto del Re di tre case, antesignano dell’attuale arrocco» scrivono Adriano Chicco e Antonio Rosino in Storia degli Scacchi
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