Qui, a 720 metri di altezza, la fontana ardente produce costantemente fiamme a causa della presenza di idrocarburi, metano in primis, sprigionati dal terreno. Le fiamme del vulcanino si spengono raramente e quando ciò avviene è a causa di forti piogge. Per evitare la dispersione di questo gas serra, però, nelle rare eventualità in cui le fiamme smettano di uscire dalla bocca del monte, prontamente vengono riaccese.
Non si è attualmente a conoscenza di come sia partita la fontana ardente del Monte Busca né chi vi abbia dato inizio ma addirittura Leandro Alberti, storico bolognese attivo nel XVI secolo, descrisse in una sua opera l’interessante fenomeno identificando il piccolo “vulcano” come “un buco largo da piedi quattro ov’esce una fiamma di fuoco”. Le fiamme del monte hanno trovato diversi impieghi nel corso degli anni. Nell’antichità la popolazione utilizzava questo fuoco naturale per forgiare gli attrezzi ma poco prima del secondo conflitto mondiale la Società Idrocarburi Metano realizzò un condotto per portare a valle il gas ed utilizzarlo per altri scopi.
Questo suo impiego fu tuttavia rapidamente abbandonato in quanto i costi di gestione e la piccola portata delle fiamme sembravano non giustificare un simile lavoro in quella zona. Ad oggi le fiamme perenni di quello che sembra un vulcano vengono utilizzate spesso dagli escursionisti per cimentarsi in piccole prodezze culinarie sul posto.
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